Campania, nel 2019 esportato un milione di tonnellate di ‘rifiuti da rifiuti’

di Luigi Palumbo 09/12/2021

Secondo il documento di aggiornamento del Piano di gestione dei rifiuti speciali la Campania ha spedito fuori regione quasi 900mila tonnellate di scarti da trattamento meccanico, generati soprattutto dalla lavorazione dell’indifferenziato, ma anche dalla selezione della differenziata. Sommando tutte le gomme e plastiche si supera il milione di tonnellate esportate

Nel 2019 la Campania non è riuscita a smaltire o trasformare in energia sul proprio territorio poco meno di 900mila tonnellate di rifiuti speciali da trattamento meccanico di rifiuti, buona parte dei quali speciali solo sulla carta ma urbani nella sostanza. Sovvalli derivanti dalla lavorazione dei rifiuti indifferenziati, scarti delle raccolte differenziate ma anche una fetta delle ecoballe stoccate in giro per le cinque province. Rifiuti che dopo un veloce passaggio in un impianto intermedio, necessario a cambiarne la veste giuridica e svincolarli così dalle restrizioni valide per gli urbani (che devono sottostare al principio di autosufficienza e prossimità, mentre gli speciali possono muoversi liberamente sul mercato) sono finiti ovunque, tra discariche e inceneritori, dentro e fuori i confini nazionali. Lo confermano i dati contenuti nella proposta di aggiornamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali adottata lo scorso 16 novembre dalla giunta di Palazzo Santa Lucia.

La categoria di rifiuto speciale non pericoloso più esportata nel 2019, si legge nel documento, è quella con codice dell’Elenco europeo 191212, che raccoglie gli scarti derivanti dagli impianti di trattamento meccanico. Ovvero rifiuti da rifiuti. “I dati campani – prosegue la proposta di Piano – evidenziano che in media sono 800mila le tonnellate di tali rifiuti che vengono smaltiti in discarica fuori regione o avviati ad impianti di incenerimento con recupero di energia, il che evidenza un fabbisogno di trattamento allo stato non soddisfatto“. Sul totale esportato, più della metà risulta generato dai sette impianti TMB regionali per il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, che da soli hanno prodotto circa 412mila tonnellate. A questi vanno aggiunti gli scarti generati dalla lavorazione e selezione delle raccolte differenziate, ma anche una parte di sovvalli prodotti dal trattamento delle ecoballe rimosse dalle piazzole di stoccaggio allestite negli anni dell’emergenza. In pratica rifiuti urbani camuffati da speciali.

Ma dove sono finiti? Più di un terzo, pari a 287mila tonnellate, è andato all’estero: 176mila tonnellate in Portogallo, 55mila in Spagna, 15mila in Grecia, 15mila in Germania e 12mila in Danimarca, per citare le principali destinazioni. Altre 514mila tonnellate sono finite invece in Italia, principalmente in Lombardia (163mila tonnellate) ma anche in Puglia, Calabria, Abruzzo e Lazio. A rimpinguare il fabbisogno di incenerimento e discarica, si legge nella proposta di Piano, andrebbero però considerate anche le 72mila tonnellate di rifiuti avviati fuori regione con codici 190501 e 190503, che identificano la frazione umida derivante dal trattamento dell’indifferenziato urbano. Il totale dei rifiuti da rifiuti esportati per essere smaltiti o trasformati in energia, insomma, ammonta a poco meno di 900mila tonnellate. Numeri che certificano la mancata chiusura del ciclo regionale di gestione, che soprattutto per la parte urbana è causa delle sanzioni quotidiane da 120mila euro inflitte nel 2015 alla Campania dalla Corte europea di Giustizia. Proprio per chiudere il contenzioso con l’Europa, si legge nel Piano, la Regione si è impegnata da un lato a ridurre la produzione di rifiuti e aumentare la differenziata per tagliare i quantitativi di indifferenziato in ingresso nei TMB e dall’altro a renderne più efficiente il trattamento con l’obiettivo di portare entro il 2023 le esportazioni a sole 11mila tonnellate.

Ma i problemi della Campania non finiscono con l’indifferenziato urbano trattato nei TMB. Al secondo posto nella classifica delle quantità esportate ci sono infatti i rifiuti con codice 190204, ovvero quelli in plastica e gomma prodotti anche dalla selezione della differenziata. Nel 2019 ne sono state spedite fuori regione circa 173mila tonnellate. Dato che, si legge, “evidenzia come in Campania sia presente un importante comparto di impianti che si occupano principalmente della selezione delle plastiche per poi avviare il risultato della selezione in impianti di recupero extraregionali e gli scarti in discarica o ad incenerimento sempre fuori regione”. Destinazione estera per 60mila tonnellate, 24mila in Bulgaria e 20mila in Turchia, mentre 113mila sono finite in Italia, dalla Puglia (26mila) alla Toscana (23mila), passando per Emilia-Romagna e Lombardia. Per comprendere quale parte sia stata avviata a recupero di materia e quale a incenerimento o discarica, spiega la Regione Campania, servirebbero “approfondimenti sulla natura e sulle caratteristiche qualitative di tale flusso”, ma è ipotizzabile che in buona parte “tali rifiuti possano essere sommati al fabbisogno di trattamento termico”. Se così fosse, le plastiche esportate porterebbero il fabbisogno di recupero energetico o smaltimento ben oltre il milione di tonnellate.

Il tema dei viaggi di rifiuti generati dal trattamento meccanico dei rifiuti non è però solo campano. Appena qualche settimana fa una nuova sentenza della Corte Ue, scaturita stavolta da una controversia amministrativa tra la Regione Veneto e un’azienda privata, è tornata a stigmatizzare l’abitudine tutta italiana di spedire all’estero l’urbano indifferenziato mascherato da speciale, dopo avergli cambiato codice facendolo passare per un impianto intermedio. Secondo uno studio di Ref, nel 2019 l’Italia ha prodotto circa 12 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sulla carta ma urbani nella sostanza, smaltendoli per oltre la metà in discarica. Numeri che comprendono anche gli scarti della lavorazione delle raccolte differenziate, quasi mai considerati nella pianificazione dei flussi urbani a livello regionale e che a partire dal 2020 l’Ue chiede invece non solo di quantificare con precisione, ma di sottrarre dal calcolo delle performance di riciclo degli urbani, imballaggi compresi. Così come non è solo campano il ricorso all’export oltreconfine come soluzione per chiudere i cicli di trattamento. Considerando tutti i rifiuti speciali, lo squilibrio gestionale in termini di smaltimento e recupero energetico a livello nazionale, spiega Ref, ammonta a oltre 2,4 milioni di tonnellate, di cui 1,8 milioni vengono esportati e 0,6 sono stoccati mediante deposito preliminare.

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