Raee: cresce la raccolta, ma servono infrastrutture e comunicazione

di Luigi Palumbo 23/02/2017

Nel 2016 i Sistemi collettivi dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) hanno raccolto e avviato a riciclo più di 283mila tonnellate di Raee, con una crescita di oltre 13 punti percentuali sull’anno precedente ed aumenti sensibili nelle tre principali macroaree del Paese. Aumenti che, tuttavia, non basteranno a raggiungere gli ambiziosi obiettivi di raccolta fissati dall’Ue. «Nel 2016 raggiungeremo il 36% (del peso medio delle apparecchiature immesse a mercato nel triennio precedente, ndr). Quindi rispetto al target Ue del 45% a partire da gennaio 2016, abbiamo almeno nove punti percentuali di ritardo da recuperare», dichiara Fabrizio Longoni, direttore generale del Centro di coordinamento (CDC) Raee, anticipando al microfono di Ricicla.tv alcuni dei dati che il CDC pubblicherà a marzo nel consueto dossier annuale.

«Un dato molto positivo è quello della raccolta nelle varie aree geografiche – dice Longoni – cresciuta rispetto al 2015 di oltre 9 punti al Nord, oltre 15 al Centro e più di 22 punti percentuali al Sud. Questo non vuol dire che ci siano risultati brillanti ovunque – precisa – ma significa che anche nelle zone in ritardo, soprattutto al Sud, la crescita è elevata e fa ben sperare per il futuro». Un ritardo, quello delle regioni meridionali, che Longoni attribuisce soprattutto alla «carenza di infrastrutture per la raccolta a disposizione dei cittadini».

E se al Sud mancano i centri di raccolta, a mancare in tutta Italia è invece una adeguata conoscenza da parte dei cittadini delle corrette pratiche di conferimento dei Raee, soprattutto di quelle che offrono la possibilità di consegnarli ai centri della grande distribuzione, come previsto dal recente decreto “1 contro 0”. Cosa che finisce inevitabilmente per incidere sulle performance di raccolta. «La capillarità che gli operatori della distribuzione possono garantire in fase di raccolta è una opportunità che non è ancora stata colta appieno – spiega Longoni – soprattutto a causa della mancata comunicazione al cittadino e soprattutto nel caso del ritiro “1 contro 0”. Questo purtroppo fa si che anche laddove ci siano centri dove è possibile conferire in base ai termini normativi, l’assenza di una informazione adeguata finisca spesso per vanificare questa possibilità. Un gap di conoscenza che potremmo colmare in fretta, se la distribuzione si impegnasse di più sul fronte della comunicazione, mettendo i cittadini nelle condizioni di cogliere le opportunità offerte dal decreto “1 contro 0″».

Nove punti da recuperare sui target Ue di raccolta non sono tanti. Il problema, però, è che in realtà potrebbero essere molti di più. Il dato sull’immesso a consumo, infatti, sembrerebbe essere sottostimato. Questo a causa dei troppi produttori e importatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche che ancora oggi operano “a nero”, ovvero eludendo sia l’obbligo di dichiarare annualmente al “Registro Aee” le quantità immesse sul mercato italiano – sottraendole quindi al calcolo delle percentuali di raccolta dei Raee, che risultano proprio dal rapporto con l’immesso a consumo – che quello di versare per ogni apparecchiatura il contributo obbligatorio a garanzia del corretto trattamento. Ma quanti sono gli “evasori”? «Il lavoro fatto dal Comitato di vigilanza e controllo Raee nel 2016 è stato estremamente positivo – spiega Longoni – e ha fatto emergere sacche di non dichiarazione da parte di soggetti già noti al Registro. Resta tuttavia un ulteriore fascia di soggetti che elude gli obblighi. La differenza che abbiamo rilevato nel confronto con Paesi come Gran Bretagna e Francia fa presumere che ci sia ancora un 40% di dati sull’immesso a consumo che non vengono dichiarati».

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