Plastica: riciclo da strategia sostenibile a vantaggio competitivo

di Redazione Ricicla.tv 04/04/2017

Circa 60mila tonnellate di imballaggi in plastica raccolte e 10mila recuperate in più in un anno. Sono i numeri dell’incremento registrato tra 2015 e 2016 dalle attività del Corepla, il consorzio per il recupero degli imballaggi in plastica del sistema Conai presentati nel convegno svoltosi questa mattina a Roma insieme a Legambiente: “L’economia circolare conviene. L’industria del riciclo della plastica come vantaggio competitivo in Italia e in Europa”. Sono state infatti 960mila le tonnellate raccolte lo scorso anno (+6,9% rispetto al 2015) e 550mila le tonnellate di imballaggi in plastica avviati a recupero da Corepla. In media, sono 15,8 kg per abitante gli imballaggi recuperati ogni anno in Italia.

«L’economia circolare conviene all’Italia – ha dichiarato il presidente Corepla, Antonello Ciotti – perché il nostro Paese è leader a livello mondiale nelle tecnologie di riciclo. Il contributo del settore, nella bilancia commerciale (grazie al tamponamento della domanda di materie prime e alla crescente esportazione di impianti e tecnologie) è di tutto rispetto e si creano posti di lavoro. Inoltre i benefici ambientali derivati dal riciclo e dalla gestione ottimale del fine vita degli imballaggi in plastica, comportano meno emissioni e minor consumo di risorse e suolo (grazie alla minore necessità di discariche) oltre alla diminuzione del marine litter». «L’Italia oggi sta vivendo un nuovo protagonismo in questo settore, con numerose esperienze positive messe in campo da istituzioni, imprese e cittadini – ha sottolineato la Rossella Muroni, presidente di Legambiente – non siamo più il Paese dell’emergenza rifiuti e anzi possiamo contare sull’attività di tanti paladini dell’economia circolare Made in Italy che praticano già oggi quello che il nuovo pacchetto europeo prevede per i prossimi anni. Per garantire la crescita e lo sviluppo di questo settore innovativo però, è necessario offrire una prospettiva certa, attraverso un quadro normativo chiaro e trasparente e controlli per promuovere l’innovazione, riconoscendo il valore della materia prima seconda come bene prezioso per il mercato e non più come materiale di scarto».

A livello territoriale, il Veneto si conferma Regione capofila con quasi 25 kg di imballaggi in plastica raccolti per abitante all’anno, seguito dalle ottime prestazioni di Sardegna (20,8 kg/ab/anno), Marche (19,7) e Valle d’Aosta (19,5). Tra le realtà più critiche la Liguria, dove la raccolta si attesta sui 12,7 kg a persona, poco più della Puglia (11,2) e della Calabria (9,7), seguite dalla Basilicata (7,9), dal Molise (6,8) e dalla Sicilia che rimane ancora fanalino di coda con 4,8 kg di materiale recuperato. Ed è proprio a loro che ha guardato l’intervento del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti: «Dobbiamo andare ad aiutarli – ha dichiarato il ministro – ed è quello che stiamo facendo. Penso all’accordo con la Sicilia, che stiamo monitorando e, anche se i primi dati ufficiali ancora non ci sono, qualche miglioramento c’è. Dobbiamo lavorare in Puglia, dobbiamo lavorare in Basilicata: alcune zone sono particolarmente indietro e andranno seguite con particolare attenzione, però credo che in questi ultimi anni il Paese ha dimostrato come la raccolta differenziata sia un obiettivo ormai acquisito dai Comuni Italiani».

Una pratica che va spinta, dunque, principalmente al Sud Italia, ma non solo sui numeri. «Il miglioramento qualitativo della raccolta differenziata riduce i costi e migliora anche le prestazioni degli oggetti riciclati, ma c’è un altro aspetto che è altrettanto importante: quello dell’innovazione tecnologica sia a monte, con la produzione, che a valle, nella selezione e nel riciclo – ha dichiarato il presidente del Conai, Roberto De Santis, che aggiunge – per agire sull’innovazione a monte abbiamo preso un’iniziativa: quella della differenziazione contributiva, cioè una spinta perché le imprese producano imballaggi sempre più ecocompatibili penalizzandoli o avvantaggiandoli sul contributo che devono al sistema dei consorzi». A partire dal primo di maggio, infatti, proprio i produttori di imballaggi in plastica per primi non pagheranno un contributo unico, favorendo gli oggetti più facilmente selezionabili e meglio riciclabili.

Dall’incontro è emerso come il riciclo della plastica offra vantaggi in termini di risparmio energetico, nuova materia prima e tutela del territorio, che secondo i parametri di uno studio Althesys del 2014 si traducono, in 10 anni in oltre 7 milioni di tonnellate di CO2 in meno nell’aria, in 3,3 milioni di tonnellate di imballaggi recuperati, una sensibile riduzione del ricorso alla discarica, 668 milioni di euro di fatturato derivante da vendita di materia prima recuperata e, infine, un indotto industriale stimato in 3 miliardi di euro. A livello europeo le misure per facilitare la trasformazione dell’economia europea in senso circolare potrebbero portare alla creazione di 867mila posti di lavoro in più, di cui 190mila solo in Italia, entro il 2030.

Non solo. Secondo il Final Report ‘Marine litter study to support the establishment of an initial quantitative headline’ di Arcadis, commissionato da European Commission – Dg Environment. (2013), l’economia circolare e lo sviluppo della filiera di riciclo sono fondamentali anche per combattere il fenomeno del marine litter. Con l’adozione degli obiettivi Ue, l’aumento del riciclo dei rifiuti e del packaging, la riduzione e l’eliminazione delle discariche, infatti, si avrebbe la massima riduzione del marine litter (-35%) e una sostanziosa riduzione dei costi, che potrebbe arrivare a 168 milioni di euro all’anno. Nello specifico, se si aumentasse nei Comuni la raccolta e dunque il riciclo dei rifiuti, ci sarebbe anche una riduzione di quelli marini del 7,4% e una riduzione dei costi di 35 milioni di euro. Secondo il monitoraggio di Goletta Verde, nei mari italiani buona parte dei rifiuti galleggianti (gli altri vanno a fondo) è costituito da plastiche abbandonate in mare. Tra le cause principali del problema, la cattiva gestione dei rifiuti urbani da parte dei Comuni, a cui si aggiungono l’abbandono consapevole da parte dei cittadini e le attività produttive, tra le quali la pesca risulta essere responsabile del 46% dei rifiuti monitorati.

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