Raggi, Muraro e il cavallo di Troia della trasparenza

di Monica D'Ambrosio 07/09/2016

Ore decisive per le sorti della sindaca di Roma e della sua assessora all’Ambiente, Paola Muraro, che per mesi ha continuato a negare sofisticamente di essere indagata dalla Procura di Roma per reati ambientali. Alla mancata trasparenza da parte dei paladini della verità fanno appello l’opposizione e i vertici stessi del movimento 5 stelle, nel chiedere un passo indietro ad entrambe. Ma mentre si decidono le sorti dell’amministrazione pentastellata, Roma è ancora in balia dell’approssimazione e di una crisi rifiuti senza precedenti.

Il piano – se di piano si può parlare – dell’assessora indagata, è quello di demolire ogni traccia del sistema Fortini, l’ex dirigente Ama di cui proprio la Muraro è stata a lungo consulente salvo poi diventarne acerrima antagonista in una sfida rovente quanto l’estate che la città sta per lasciarsi alle spalle. Rifiuti zero ed economia circolare. Il binomio sul quale la coppia Raggi-Muraro puntava per la ricostruzione di una città pulita e sana.

Quello che la squadra di governo capitolina vorrebbe riuscire ad approntare, è un ammodernamento del piano rifiuti fermo al 2012, insieme alla Regione e al Ministero. Il punto di partenza, sarebbe quello di trasformare la municipalizzata Ama da una semplice società preposta alla raccolta dei rifiuti, ad una capace anche di recuperarli e trasformarli in materia prima seconda per poi rivenderla, risanare i conti dell’azienda e metterne a a capo un nuovo amministratore delegato che, nel tempo, riesca a promuovere politiche che facciano di Ama l’unica società romana operativa nel settore dei rifiuti, scalzando tutti i privati che fino ad oggi si sono inseriti nel ciclo e spesso, nel sistema di mafia Capitale.

Per l’assessora in bilico, il piano ereditato della gestione Fortini è una bufala: un impianto di compostaggio a fine 2015, due tipi di impianti multimateriale in avviamento e un terzo nel 2018, sono un progetto ambizioso ma utopistico. No agli inceneritori, ottenere entro tre mesi le autorizzazioni per il recupero di 300 tonnellate al giorno di frazione secca presso gli impianti di Rocca Cencia e Ponte Malnome, cambiare la destinazione d’uso dell’impianto di via Salaria, contestato dalle popolazioni locali, un’isola ecologica per ogni municipio, centri di riparazione e riuso, incentivi fiscali per tutte le attività commerciali che disincentivano l’uso degli imballaggi favorendo la vendita di prodotti sfusi alla spina, progetti di sensibilizzazione e educazione ambientale da portare avanti con le scuole. Per la coppia, oramai traballante, sarebbero questi i punti di partenza per la costruzione di un progetto rifiuti zero.

Un progetto ambizioso e non certo realizzabile in breve tempo. E se pure bastasse poco, probabilmente quel poco non sarebbe sufficiente dal momento che in queste ore il problema principale non sembra sia ripulire la città, ma la faccia di un’assessora e della sindaca che l’ha scelta, dal fango che i partiti e i media gli stanno lanciando contro per aver mentito ai Romani su una questione che forse, anzi sicuramente, poteva essere affrontata e risolta a testa alta da chi fa della legalità e della trasparenza il proprio cavallo di battaglia. Un cavallo che ora somiglia sempre più, al cavallo di Troia.

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