EPR tessile, gli Stati membri approvano la riforma della direttiva rifiuti

di Luigi Palumbo 24/06/2025

Via libera del Consiglio alla riforma della direttiva Ue sui rifiuti: obiettivi vincolanti al 2030 per ridurre lo spreco alimentare e obbligo di responsabilità estesa per i produttori del tessile. Ora manca solo il voto dell’europarlamento, che arriverà a ottobre. Nel frattempo la Commissione chiede agli Stati membri di anticipare i tempi. Come sta facendo l’Italia


La riforma della direttiva quadro sui rifiuti è a un passo dalla conclusione. Con voto favorevole all’unanimità, i rappresentanti del Consiglio europeo dei ministri dell’agricoltura hanno approvato in prima lettura il testo dell’intesa provvisoria raggiunta a febbraio scorso con il Parlamento. Ora manca solo l’ok della plenaria, che dovrebbe arrivare in autunno, poi la nuova direttiva sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Ue e ridisegnerà il quadro normativo di riferimento in materia di rifiuti, con interventi mirati su due flussi di rifiuti in rapido aumento: food waste e tessile.

Ogni anno nell’Ue, riporta la Commissione, vengono generati quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari (132 kg pro capite) e 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. L’obiettivo della nuova direttiva è quello di spostare l’asticella della gestione sui gradini più alti della gerarchia europea, prevenzione, riuso, riciclo. Con questo obiettivo in materia di sprechi alimentari verranno introdotti per la prima volta in assoluto target vincolanti di riduzione del food waste al 2030, del 10% nelle filiere produttive e al 30% per il ‘food waste’ pro capite generato dal consumo domestico, dalla ristorazione o dalla distribuzione, da calcolare sulla media degli anni 2021-2023.

Nonostante la portata storica dei target sul food waste, i riflettori restano però puntati soprattutto sugli interventi in materia di tessile e abbigliamento, a partire dalla proposta di istituire regimi armonizzati di responsabilità estesa del produttore (EPR) a integrazione dell’obbligo scattato a gennaio di quest’anno (e per l’Italia già dal 2022) di raccogliere separatamente i rifiuti tessili. Stando all’intesa, entro 30 mesi dall’entrata in vigore della direttiva i paesi dell’Ue dovranno istituire regimi EPR per fare in modo che i produttori che mettono a disposizione prodotti tessili sul mercato dell’Ue coprano i costi per la loro corretta raccolta, cernita, preparazione per il riutilizzo e riciclo. Le microimprese dovranno conformarsi ai requisiti EPR 12 mesi dopo. Le disposizioni si applicheranno a tutti i produttori, compresi quelli che utilizzano strumenti di commercio elettronico e indipendentemente dal fatto che siano stabiliti in un paese dell’Ue o al di fuori dell’Ue. Un chiaro riferimento a marketplace come SHEINgià da tempo sotto la lente della Commissione per l’impatto sociale, economico e ambientale dello tsunami di capi d’abbigliamento a basso costo che ha invaso il mercato Ue.

Dalla data di entrata in vigore della direttiva gli Stati membri avranno 20 mesi per recepirla nei rispettivi ordinamenti e 30 per attivare i sistemi di EPR. Prima però manca ancora il voto definitivo dell’europarlamento, che non arriverà prima di ottobre. Cosa che ha suscitato non pochi malumori tra i portatori d’interesse, in particolare tra gli operatori della raccolta e valorizzazione degli abiti usati, al centro di una crisi senza precedenti legata all’aumento vertiginoso dei volumi delle raccolte differenziate (spinti anche dall’obbligo Ue), che sta portando da un lato al calo dei ricavi sul mercato del second hand e dall’altro all’incremento dei costi di gestione delle frazioni non riutilizzabili, tra avvio a riciclo (tipicamente verso India e Pakistan) e smaltimento vero e proprio. “Senza una rapida implementazione dei programmi EPR in tutta Europa – si legge in una nota dell’associazione EuRIC – preziosi materiali riutilizzabili e riciclabili andranno persi e un intero ecosistema industriale fondamentale per la transizione circolare andrà in rovina”.

Consapevole dell’allungamento dei tempi dell’iter legislativo, e dei rischi potenzialmente connessi, nei giorni scorsi è stata proprio la commissaria Ue all’economia circolare Jessika Roswall a suggerire agli Stati membri di non attendere la conclusione formale della revisione della direttiva ma di “anticipare i termini di legge per l’istituzione di sistemi di responsabilità estesa”, anche per fronteggiare la crisi del settore. Un’indicazione che va nella direzione già intrapresa dall’Italia, visto che il Ministero dell’Ambiente ha già in cantiere il suo schema di regolamento nazionale.

L’obiettivo, ha confermato più volte a Ricicla.tv il MASE, è quello di arrivare alla pubblicazione del decreto ministeriale sull’EPR italiano entro la fine del 2025. Secondo la bozza, tutti i produttori dovranno iscriversi all’apposito registro nazionale e aderire a un sistema di gestione individuale o collettivo. Entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto, i sistemi collettivi dei produttori già esistenti dovranno presentare istanza di riconoscimento al MASE, indicando tra l’altro il piano industriale con il dettaglio delle previste attività di raccolta e ritiro, la metodologia di calcolo adottata per misurare le quote di rifiuti di competenza e, soprattutto, la determinazione dei contributi ambientali per ogni capo immesso a mercato. L’appello dei sistemi collettivi e della filiera nazionale del ‘second hand’ è a garantire l’armonizzazione delle regole nazionali con il futuro quadro di riferimento europeo e a valorizzare le esperienze e competenze degli operatori della raccolta e recupero.

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